Antonello Cracolici è stato fra i più critici. Più volte e in più occasioni, pubblicamente, ha espresso giudizi perplessi, se non negativi, sull’azione del governo guidato da Rosario Crocetta. Opinioni che non cambiano neanche oggi mentre commenta l’esito della riunione della commissione nazionale di garanzia del Pd che ieri sera ha chiuso il caso Megafono censurando la creazione di “una organizzazione di iscritti in una strutturazione parallela articolata, finalizzata ad una presenza permanente sulla scena politica che risulterà e risulterebbe alternativa e contraria alle normative che disciplinano la vita interna del Pd”.
“Si chiude una pratica – dice Cracolici – e ovviamente adesso spero che si ritorni a discutere dei problemi dei siciliani visto che ho l’impressione che questa vicenda sia stata buttata nel dibattito per chiudere gli occhi su altre questioni tipo le scelte del governo. Crocetta, mi pare chiaro, è un uomo di punta del Pd e se vuole restare del Pd dovrà tener conto di quanto espresso dalla commissione”.
La commissione di garanzia ha espresso un giudizio critico nei confronti di Crocetta, sostenendo – cito testualmente – che “l’opera di rinnovamento e di affermazione dei principi etici che devono informare la vita del partito e la necessaria leale collaborazione non possa essere favorita da formulazioni assolute e indiscriminate di denigrazione e di accusa rivolte al Partito e ai suoi dirigenti”. Crocetta ha pronunciato parole pesanti nei confronti del Partito democratico siciliano proprio in questi giorni.
Non c’è dubbio: ha introdotto elementi di riflessione che sono inaccettabili nella civiltà politica e anche giuridica. Dire che ci sono altri esponenti del partito pronti a ricevere avvisi di garanzia non fa onore a chi le dice. Se pronuncia tali accuse vuole dire che sa che c’è qualcuno in procinto di essere coinvolto in inchieste giudiziarie e in questo caso commette anche un reato. Se non lo sa e lancia simili strali, beh allora rischia di essere un’intimidazione rivolta a qualcuno. A chissà chi. D’altronde se pensa che il Pd sia un partito così compromesso, non si capiscono le ragioni per cui dichiara di voler continuare a farne parte. E’ in discussione la sua stessa permanenza nei Democratici.
Cosa pensa che accadrà adesso? Il Megafono come affronterà il suo futuro? Pensa che Crocetta, come ha dichiarato sabato scorso, tenterà la scalata al partito?
Il Pd non è una società per azioni, non è quotata in borsa, dove puoi lanciare l’Opa. Il Pd è un partito dove si fanno i congressi, ci si confronta nei circoli, un confronto e un dibattito normale come si fa in un partito, ci si candida e si cerca consenso. Può anche candidarsi ma dovrà farlo secondo le regole del nostro partito.
Lei è stato molto critico nei confronti dell’azione di governo. Pensa che a risolvere la situazione serva un rimpasto come evocato da alcuni alleati di Crocetta compreso il Pd?
Io non ci credo neanche più al rimpasto, non credo che sia questo il problema. Ci troviamo dentro una sbornia comunicativa che finisce per perdere di vista i problemi reali. Stentiamo a dare l’idea delle cose fatte, abbiamo comunicato un sacco di cose ma rimane la percezione che c’è molto da fare. O che poco sia stato fatto.
Certo però il Partito democratico mostra segnali di forte debolezza.
Il Pd ha bisogno di un profondo rinnovamento, non solo in termini di uomini e classe dirigente. La necessità, per quanto paradossale possa sembrare, è fondare il Pd. Soprattutto nei territori dove non può vigere la legge dei capibastone. Il Pd deve essere un fiume che fa scorrere idee, anche tumultuoso dove si incrociano rami e di tronchi che possono creare ostacoli ma fatto di persone e capace di aggregare persone. D’altronde bisogna dirlo chiaro e forte: siamo l’unico partito rimasto. Non credo che esistano, sicuramente non in Sicilia, partiti in grado di fare quello che è stato fatto sabato scorso: una direzione convocata in pieno luglio durata sette ore dove ci si è a lungo confrontati per giungere a una sintesi conclusiva. La battaglia per l’innovazione e il rinnovamento e fondamentale. Ci vuole coraggio e guai a sottrarsi.
Alla vigilia del congresso, se la sente di fare un bilancio sulla segreteria Lupo. In fondo ha gestito amministrative, regionali e politiche. E i numeri possono contarsi.
Il bilancio lo faranno gli iscritti. Io voglio discutere di quello che serve da domani, come tutti sanno ho espresso i miei giudizi anche severi nei confronti di questa segreteria. Ma è la partita di ieri. Domani è dietro l’angolo. Il problema del Pd è che è una forza di governo in Italia, in Sicilia e in molte amministrazioni ma non ha la sufficiente autostima per affermare questa realtà senza capacità aggregativa e progettuale. In Sicilia, al governo della Regione, è più evidente che mai. In Sicilia, la domanda è: siamo al governo?
Ci sono assessori Pd in giunta, vuol dire che sono crociettiani?
Gli assessori del Pd sono brave persone ma forse mostrano di non essere in sintonia con il partito o comunque hanno mostrato di non essere particolarmente voglioso di rappresentare il Pd in questa giunta.
Questione morale: nell’ultima direzione trattando il caso Genovese e l’inchiesta sulla formazione a Messina, in molti hanno posto l’accento sul fatto che fosse inaccettabile che nei territori ci fosse una gestione “bulgara” delle tessere. Non le sembra una polemica un po’ tardiva. Dello “strapotere” di Genovese nella provincia di Messina, tutti erano a conoscenza.
Il problema non sono le tessere. Il problema è che Genovese ha un vastissimo consenso a Messina lo ha dimostrato in tutte le prove in cui si è misurato. Pensare che una città sia completamente condizionata è da idioti. Si fa una polemica su presupposti sbagliati. Detto questo la questione su cui ci si deve interrogare e prendere contromisure è la separazione del legittimo interesse di figure, come quelle di Genovese e del cognato Franco Rinaldi, che fanno gli imprenditori da chi rappresenta gli interessi dei cittadini. Non possiamo far finta che il conflitto di interessi non esista. E non si tratta di un fatto giudiziario: se uno è ladro è ladro e lo stabilisce la magistratura non lo certifica certo un partito. Ma bisogna evitare che comportamenti individuali possano pregiudicare la rappresentanza di tutti. Genovese è un simbolo di questi giorni ma in ballo c’è anche la vicenda della candidatura di Francesco Riggio (presidente del Ciapi, politico di riferimento dell’area dell’ex ministro Cardinale, finito in carcere nell’inchiesta sul cosiddetto “sistema Giacchetto”, ndr) ma c’è anche la vicenda di Gaspare Vitrano. Tutti episodi che devono fare interrogare il Pd che ha dimostrato di avere regole fragili. L’obiettivo è rafforzareun sistema di regole che garantisca tutti.
Il ddl anticorruzione e quello antiparentopoli vanno verso questa direzione?
Sono disegni di legge che vanno rafforzati. Utilizzare o creare questi strumenti sull’onda di uno scandalo finisce per essere un condizionamento che rischia di far perdere di vista i principi della garanzia. Ma vanno introdotto regole ferree nel parlamento siciliano ma anche nel partito.
Lei a favore del rinvio del congresso come chiesto da qualcuno?
Assolutamente no. Una delle cose peggiori della cultura politica italiana, quella che definisco la democrostianaggine che c’è in noi, è il pensare di di risolvere i problemi rinviandoli. Così li allontaniamo e basta. Il congresso si faccia, si discuta di politica. A differenza di altri non sono appassionato ad un congresso che si fondi solo sulle primarie. L’idea della politica è una costruzione dal basso, non è come esprime un mi piace su Facebook del tipo ho votato e ho affermato il diritto alla democrazia con il voto alle primarie, servono anche le mozioni, le idee, i programmi.