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Il presidente Crocetta non lascia e raddoppia: “Epifani decida ma il Megafono non molla”

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Questa mattina, sulle linee roventi Palermo-Roma, la tesi era quella di un accordo che legasse il Megafono di Crocetta al Pd nazionale in formule tutte da verificare. Perché la “federazione” del movimento del presidente al partito madre sarebbe equivalso ad ammettere che il Megafono è un partito vero e proprio come il Sudtiroler Volkspartei. E in fondo fra le righe del comunicato che Crocetta lancia adesso nel calderone delle polemiche, gli spazi di manovra restano intatti. Certo è che il governatore non mostra arretramenti. Anzi, come sempre rilancia. E lo fa con una citazione di Papa Pio IX e prima di lui Pio VII “Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo” che usò questa formula per rispondere ai tentativi del Regno d’Italia di confrontarsi con il Vaticano  per risolvere la questione romana.

“Non possiamo accettare l’idea che un grande Partito Democratico chiuda le porte al cambiamento e al rinnovamento – dice a muso duro Crocetta – Lo svolgimento del congresso regionale del Pd, sulla base del vecchio tesseramento, cristallizzerebbe i giochi di sempre e impedirebbe l’elezione di nuovi quadri giovani alla leadership del partito – insiste il presidente continuando a corteggiare l’idea che alla prossima segreteria regionale vada la sua assessore Nelli Scilabra – e soprattutto determinerebbe il gruppo dirigente formato da coloro che oggi magari potrebbero far finta di autosospendersi dal partito ma che di fatto lo controllano”.

Un assunto che serve a Crocetta per chiedere l’attenzione dei vertici del Pd nazionale che “deve rendersi conto dell’anomalia siciliana. Se da iscritto del Pd, contrariamente a quanto concordato fin dall’inizio col Pd regionale, io non potessi fare parte del gruppo che porta il mio nome nella lista (il gruppo del Megafono all’Ars al cui il presidente è iscritto anche se per statuto dovrebbe far parte del gruppo Pd in quanto tesserato democratico, ndr), sarebbe un gioco autoritario e antidemocratico e persino sleale in contrasto a quanto precedentemente convenuto”.

Quindi Crocetta tira in ballo la polemica sui mancati contributi versati al partito e ribadisce la posizione espressa anche allo scoppiare della questione: “La smettano con la farsa del mancato contributo, potrei presentare la lista dei debiti elettorali rimasti sul mio groppone ma non lo faccio – dice il presidente – verserò quel contributo per impedire azioni staliniste, che hanno sempre utilizzato per far fuori i dissidenti. In quanto iscritto alla lista Crocetta dovrei versare contributo a quella lista, ma di questo non ce ne facciamo un cruccio, verserò contributo anche a loro entro 24 ore. Non ho dato mai alcuna importanza ai soldi anche se devo dire che tale richiesta non era mai stata fatta nella mia adesione concordata col partito al gruppo del Megafono, facendo notare che sicuramente non sarà questa la ragione di censura nei miei confronti”.

Ed è poi sulla questione Megafono che Crocetta si concentra rilanciando la sua azione convinta per la sussistenza in vita del movimento che ha contribuito a vincere le elezioni regionali. “Nessuno può impedire al Megafono di organizzarsi, di fare la propria battaglia, di contribuire al rinnovamento della vita politica siciliana. Il Partito Democratico deve decidere se tale battaglia si può fare al proprio interno o se il Megafono deve diventare una forza politica autonoma. Decida Epifani, ma il Megafono non molla, non tace e sopratutto non si delegittima il rappresentante del popolo siciliano, eletto dai siciliani. Non consentirò a nessuno di umiliare la Sicilia e i colori della sua bandiera. Ancora una volta la Sicilia risulta incomprensibile a Roma e ancora una volta si continuano a fare gli errori di sempre. Non mi piegherò”.
edd


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