Sarà una elezione di secondo livello, forse una assemblea di sindaci a nominare il “supersindaco” che guiderà la città metropolitana o meglio l’area metropolitana.
Le province non ci saranno più ma le città metropolitane avranno un potere enorme, forse anche maggiore delle province stesse. Sei liberi consorzi di comuni sostituiranno le vecchie province la vera novità è rappresentata proprio dalle città metropolitane.
I sindaci delle tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina potrebbero essere eletti dalla Conferenza formata dai sindaci degli enti locali aderenti all’area così come prevede la norma (art.8) contenuta del disegno di legge sulla riforma delle Province che è stata approvata dall’Ars poco dopo le 20. Ma un emendamento ritirato subito prima del voto mette in dubbio le modalità di elezione anche se la figura del “supersindaco” resta confermata. L’aula ha anche approvato la norma successiva che detta i tempi ai comuni che non si trovano nelle città metropolitane per aderirvi, ma perché possano farlo dovrà esserci continuità territoriale, e dovranno, prima staccarsi dal Libero consorzio di appartenenza territoriale.
Nessun accordo, dunque, sulle modalità di questa elezione. I sindaci delle tre città metropolitane si esprimeranno con modalità che saranno stabilite dal disegno di legge successivo alla riforma all’esame dell’Ars.
L’emendamento che assegnava l’elezione alla Conferenza dei sindaci era stato ritirato e dunque la scelta del sistema avverrà in un secondo momento. Per l’approvazione dell’intera riforma manca ormai davvero poco.
Finale di seduta inaspettatamente ad altissima tensione. La bagarre è esploca durante la discussione del penultimo articolo del ddl di riforma delle Province. pomo della discordia la riscrittura dell’articolo 10, che disciplina funzioni e compiti dei Liberi consorzi e delle città metropolitane.
Dopo che la Presidenza ha comunicato il ritiro da parte del governo dell’emendamento di riscrittura, è intervenuto il presidente della commissione Affari istituzionali Antonello Cracolici segnalando la necessità di indicare già in questo articolo le funzioni e gli obiettivi dei nuovi enti di “area vasta”, una questione che non può essere rinviata ad altra norma.
A quel punto, il presidente Giovanni Ardizzone ha sospeso i lavori e convocato la conferenza dei capigruppo, al termine della quale sembrava che si fosse trovata una intesa ma al ritorno in aula la commissione ha proposto un subemendamento che conteneva in buona parte le indicazioni dell’emendamento del governo, provocando la reazione delle opposizioni.
Il capogruppo del Lm-Fi, Santi Formica, chiesto, fra le urla generali, il rinvio della seduta e strappando in modo plateale il subendamento. Ardizzone quindi ha sospeso ancora una volta i lavori per una nuova capigruppo ma Nello Musumeci, in rappresentanza del centrodestra, ha comunicato alla capigruppo la decisione dell’opposizione di disertare la riunione.
Il clima in conferenza è stato incandescente, con un faccia a faccia durissimo tra Ardizzone e Cracolici sulla decisione assunta in aula di considerare ritirato l’emendamento di riscrittura del governo, sul quale la Presidenza avrebbe raccolto in via informale perplessità dagli uffici del commissario dello Stato su alcune disposizioni relative alle funzioni dei nuovi enti. Lasciando la capigruppo, Ardizzone si è recato in modo repentino in aula comunicando il rinvio della seduta alle 11 di domani, riservandosi di decidere l’ammissibilità o meno del sub-emendamento della commissione.