A Palermo sono sei i punti vendita del Gruppo Coin (nelle vie Pacinotti, Strasburgo, Libertà, Cordova, Da Vinci e Calatafimi), una società che opera nel settore dell’abbigliamento e degli accessori e che nel dicembre 2012 ha assunto la titolarità dei negozi Oviesse e Upim del capoluogo siciliano.
Coin, che ha sede a Mestre, il 4 febbraio ha inviato alle rappresentanze sindacali dei negozi, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, una “informazione preventiva”. Nel fax la società veneta dice di aver ricevuto dal Comune di Palermo la richiesta di “presentare l’adeguamento parcheggio al Piano di Programmazione urbanistica del settore commerciale delle Grandi strutture di vendita per attività esistenti”. In pratica, la presenza del parcheggio, costituisce un requisito essenziale per gli esercizi commerciali.
Coin specifica che quanto disposto dal Piano di programmazione urbanistica è valido solo per le autorizzazioni alla vendita richieste dopo l’entrata in vigore del Piano stesso e che “l’Azienda pertanto ritiene che tali atti amministrativi possono produrre i loro effetti solo per il futuro e non possono incidere su situazioni già disciplinate ed inoltre che l’ipotesi di volturazione di un’autorizzazione commerciale, conseguente ad una fusione per incorporazione, non rientra a parere aziendale, tra i casi di rilascio di una nuova autorizzazione, né tra i casi di variazione di una autorizzazione commerciale esistente”.
La società ritiene che l’obbligo dei parcheggi riguardi “unicamente le nuove autorizzazioni, richieste successivamente all’entrata in vigore del Piano di programmazione urbanistica”. Ma lo sportello attività produttive del Comune sostiene che quando nel 2013 è stata varata la fusione per incorporazione di Oviesse e Upim in Gruppo Coin, quest’ultima è da considerarsi come nuova società.
Coin si sta confrontando sul Comune di Palermo sul da farsi. Ma avvisa i sindacati: “Nel caso in cui gli uffici comunali preposti dovessero risultare di diverso avviso, ingiungendo all’Azienda soluzioni non compatibili con gli equilibri gestionali ed economici aziendali, vi comunicheremo le eventuali conseguenze che tale situazione potrebbe generare sui livelli occupazionali a livello territoriale“.
In altre parole: bisogna costruire i parcheggi per i punti vendita Coin di Palermo e se il Comune stabilirà che deve occuparsene il gruppo, lo stesso non esclude di dover licenziare i dipendenti per recuperare le risorse necessarie. Ben 150 persone. La comunicazione ai sindacalisti, come è facile immaginare, li ha lasciati di stucco. Possono i lavoratori ‘pagare’ per i parcheggi da realizzare?
La Uiltucs Sicilia ha risposto con una lettera inviata a Coin, al sindaco Orlando, all’assessorato alle Attività produttive e al Suap (Sportello unico attività produttive) sottolineando le difficoltà economiche della società, tanto che nel 2013, per sfuggire al licenziamento collettivo è stato necessario ricorrere agli incentivi per l’esodo dei lavoratori.
Il sindacato chiede l’apertura urgente di un tavolo, in seno all’assessorato alle Attività produttive, tra Comune, Coin e Rsu per trovare una soluzione. Marianna Flauto, segretario Uiltucs Uil Palermo è fiduciosa ma non nasconde il timore per la situazione dei dipendenti: “Confidiamo nel buon senso e nella disponibilità sino ad oggi dimostrata da questa amministrazione comunale a prestare attenzione ai problemi dei lavoratori e delle aziende del settore del commercio, fortemente minato dalla crisi e dai licenziamenti. Chiediamo che si realizza al più presto l’incontro da noi richiesto al fine di fare chiarezza sulla questione e ridare serenità ai lavoratori”.
I lavoratori di Coin sono comprensibilmente indignati. Possibile che a ‘farne le spese’ siano sempre coloro che vivono del proprio stipendio e che se perdessero il posto di lavoro potrebbero anche ritrovarsi per strada?
Rassicurazione sono arrivate da Paolo Caracausi, presidente della Commissione Attività produttive del Comune che si è impegnato “a garantire la continuità produttiva” dei dipendenti di Coin ai quali non resta che augurarsi di non essere licenziati.