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Taglio Province, il caso siciliano e lo stop della Consulta

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La Sicilia alla finestra il giorno dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il riordino delle Province giudicandolo incostituzionale. Secondo la Consulta, sono illegittimi alcuni punti dei decreti legge in materia varati nel 2011 e nel 2012 durante il governo presieduto da Mario Monti.

“Il decreto legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza – spiega la Consulta in un comunicato – è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio”.

E in Sicilia? Nell’Isola, dopo la decisione del governo regionale e la legge dell’Ars che punta all’abolizione delle province e alla creazione dei liberi consorzi dei comuni, pendono i ricorsi al Tar presentati dall’Upi, dall’Urps e da alcuni consiglieri-elettori delle Province di Catania e Caltanissetta.

Quest’ultimo sarà discusso al Tar di Palermo martedì 9 luglio, mentre sul ricorso in merito alla sospensiva sul decreto di commissariamento della Provincia di Catania presentato al Tar etneo è stata sollevata dall’Avvocatura dello Stato un’eccezione sulla competenza territoriale che sarà valutata dal Tar Sicilia.

I ricorsi avanzati da Urps e Upi, redatti dagli avvocati costituzionalisti Ida Nicotra e Felice Giuffrè, fanno riferimento proprio ai richiami della Corte Costituzionale che equipara le 9 province siciliane, in quanto enti territoriali di area vasta ed elettivi, a quelle del resto del Paese, come recita l’articolo 114 della Carta costituzionale.

Oggi Felice Giuffré, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Catania, non si sbilancia: “Dobbiamo aspettare le motivazioni della Corte – dice – perché finora è stato diffuso solo un comunicato stampa che riassume in modo stringato la sentenza. Non vi è dubbio che la Corte ha richiamato il legislatore al rispetto delle regole. Evidentemente, anche nel caso della Regione siciliana, noi auspichiamo che il Tar ed eventualmente la Corte Costituzionale richiamino il rispetto delle regole”.

Commentando poi la sentenza di ieri, l’avvocato spiega che “Monti ha disposto gli accorpamenti di alcune Province sulla base di un decreto legge, ma per modificare le circoscrizioni territoriali, le Province, ci vuole una legge ai sensi dell’art. 133 della Costituzione che dice, in sintesi, che le modifiche alle Province vanno fatte con una legge su iniziativa dei comuni e sentita la Regione. Insomma, c’è un procedimento di collaborazione fra i vari livelli di governo per giungere alla modifica o alla creazione di una nuova provincia. Sono leggi rinforzate che sono vincolate da questi pareri”.

In Sicilia c’è una situazione che con i dovuti distinguo presenterebbe delle analogie rispetto alla situazione del resto del Paese.

Secondo Giuffrè anche sulla questione siciliana “c’è un vizio di procedura perché una legge non può disporre l’interruzione del fisiologico rinnovo degli organi di un ente che ancora esiste in base allo statuto della Regione Siciliana e alla articolo 114 della Costituzione della Repubblica. Anche nel caso in cui la Regione pervenisse all’abrogazione della legge del 1986 si dovrebbe accertare se l’istituzione dei liberi consorzi dei comuni è conforme all’art. 114 della Costituzione”.

Il costituzionalista è convinto che “se prima non si modifica questo articolo nemmeno le regioni a statuto speciale possono fare a meno delle Province in quanto enti costitutivi della Repubblica”.


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