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Sgominato clan di Porta Nuova In manette nuovi boss a Palermo

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È in corso da stamattina, tra le province di Palermo e Trapani ed in altre località del territorio nazionale, una vasta operazione antimafia da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo, che stanno eseguendo una trentina di fermi del Pubblico Ministero emessi dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia. I reati contestati sono quelli di associazione per delinquere di stampo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti.

Le indagini hanno consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali del mandamento mafioso palermitano di Porta Nuova, individuandone capi e gregari. In manette è finito Alessandro D’Amgrogio di 39 anni, ritenuto nuovo capo del mandamento di Porta Nuova, pupillo di Nicchi. Il suo negozio di Onoranze Funebri a Ballarò era meta di molti. Era stato scarcerato nel 2011. Nel suo quartiere, Ballarò, è un devoto confrate della Chiesa della Madonna del Carmelo. Alcuni parrocchiani lo difendono: «Viene in chiesa ed è sempre educatissimo». Ma il parroco nega di conoscerlo. D’Ambrogio, 39 anni, era uno degli scarcerati che aveva fatto scattare l’allarme dopo il delitto di Francesco Nangano in via Messina Marine.

Aveva già scontato una condanna per associazione mafiosa, e il suo debito con la giustizia l’ ha finito di pagare nel 2011. Ma due mesi dopo la scarcerazione era già a pranzo con il gotha di Cosa nostra, al ristorante “Ma che bontà” di via Emilia. Questo dicono le indagini dei carabinieri: il 7 giugno 2011, attorno a quel tavolo c’ erano mafiosi che arrivavano da tutte le parti della città. Qualche tempo dopo, undici dei dodici commensali sono finiti in carcere. Solo D’ Ambrogio è rimasto in libertà. Le indagini della polizia ci dicono adesso che sarebbe impegnato in un nuovo business: la mediazione di affari immobiliari.

D’Ambrogio in carcere si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza e aveva sostenuto una decina di esami.

Sono state accertate numerose estorsioni e intimidazioni. Una delle ultime quella contro un pub di Isola delle Femmine distrutto dalle fiamme perchè il proprietario avrebbe cercato di prendere possesso della sua attività.

Tra i fermati oltre a D’Ambrogio c’è il suo braccio destro il primo ad aspettarlo appena fuori dal carcere Antonio Seranella. Poi Alfredo Geraci, Attanasio La Barbera, Giuseppe Civiletti, Giacomo Pampillonia, e Giuseppe Di Maio, Vincenzo Ferro, Pietro Tagliavia, Francesco Scimone e Giovanni Alessi, Marco Chiappara e Daniele Favata, Salvatore Asaro, Umberto Sisia e Andrea Bono.

Si è accertato che il sodalizio, pur continuando a esercitare una soffocante attività estorsiva sul territorio, consapevole che l’imposizione del “pizzo” a imprenditori e commercianti non è più sufficiente – complice l’attuale congiuntura economica – a mantenere le famiglie degli affiliati detenuti, si allea con altre consorterie mafiose della città e dell’area trapanese per gestire le “piazze dello spaccio” e, come negli anni ottanta, l’approvvigionamento degli stupefacenti direttamente dai Paesi produttori del Sud America e del Nord Africa.

Nello stesso contesto, sono stati sequestrati beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa tre milioni di euro.


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