“L’indagine che ha condotto all’operazione odierna mostra in modo plastico i due volti della città di Palermo: il primo è quello di una città in cui cresce sempre di più il sentimento di rispetto per le regole, le leggi e il valore della legalità, di una città che per questo si indigna anche per le parole vergognose pronunciate da un noto calciatore. Dall’altra c’è quella parte di cittadinanza che, al contrario, resta fedele alla sopraffazione, alla prepotenza, al rispetto di regole proprie, di un codice basato sulla violenza”.
Lo dice il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, nella conferenza stampa sui 24 fermi dell’operazione “Alexander”, che ha colpito il mandamento mafioso di Porta Nuova, riferendosi alle frasi dell’ex capitano del Palermo, Fabrizio Miccoli, sul giudice Falcone e all’ossequio tributato al boss Alessandro D’Ambrogio dagli abitanti del suo quartiere.
L’episodio esemplare di questo spaccato è – secondo Agueci – la vicenda che riguarda il lido “Mambo beach” di Isola della Femmine, gestito da Ignazio Li Vigni e Pietro Maione. “Maione intende acquisire l’intero controllo del Lido e il suo socio, Li Vigni, non intende cedere. Anzi rilancia e interessa il boss D’Ambrogio il quale convoca Maione in un garage e gli intima di lasciare immediatamente il locale”, racconta il procuratore. Maione decide di denunciare tutto e mette a verbale le frasi più cruente pronunciate da D’Ambrogio: “Tu mi conosci a me? Noi siamo i cani, basta un mio cenno per farti attaccare! Domani portagli le chiavi entro mezzogiorno e stai attento a come ti muovi altrimenti ti butto sugli scogli a te e ai tuoi figli”. Li Vigni, ha proseguito Agueci, “infine è stato poi estromesso dalla gestione del Lido dallo stesso D’Ambrogio”.