“Crediamo in quello che i tanti giovani del Centro Padre Nostro guidati da Maurizio Artale hanno fatto in questi lunghi anni, in quanto, avendo avuto modo di conoscerli, abbiamo avuto prove provate da documenti e opere realizzate giorno dopo giorno, che queste persone hanno preso con serietà e incondizionato interesse l’opera del nostro familiare, Padre Pino Puglisi, colui che tanti anni fa fondò questo Centro. Loro hanno avuto coraggio e hanno dimostrato amore e solidarietà verso coloro che hanno necessità di essere seguiti ed accompagnati per trovare la via della legalità. Tutto questo lo hanno fatto e continuano a farlo “da soli”.
A dirlo sono i familiari del beato Pino Puglisi in una lunga lettera aperta che rappresenta anche la prima dichiarazione pubblica della famiglia Puglisi. A dare l’occasione per questo intervento sono le polemiche sull’acquisto della casa che fu l’abitazione di Don Puglisi in vita. Una difesa forte, la loro, dell’attività del Centro Padre Nostro di guidato da Maurizio Artale, e dei suoi volontari.
“Bussando hanno trovato le porte chiuse da tutti e soprattutto da coloro che si dichiarano amici storici; persino la Chiesa, a cui hanno chiesto più volte collaborazione, sostegno e aiuti ha alzato dinanzi a loro un muro – dicono i familiari di Don Pino -. Se questo li ha portati a dover chiedere aiuto alle istituzioni per realizzare tutto quello che Padre Puglisi voleva, e noi sappiamo cosa lui desiderava, noi pensiamo che hanno fatto bene”.
“Coloro che si dichiarano ‘amici storici’ ci devono dimostrare cosa hanno fatto per continuare quello che il nostro familiare voleva. Dov’è la loro solidarietà? Dov’è la loro presenza a Brancaccio lungo le vie della sofferenza? Aspettiamo ancora una loro chiamata per ascoltare la loro versione, richiesta da noi personalmente durante la presentazione di un documentario della Rai su Padre Puglisi, a Palermo, qualche tempo fa, a Palazzo delle Aquile. È facile criticare e farsi pubblicità gratuita per mezzo dei giornali!
“A noi familiari diretti, come al nostro Padre Puglisi, e come ai giovani del Centro Padre Nostro, piace agire e non blaterare”.
Arriva, poi, ‘affondo nei confronti della Chiesa palermitana “Vorremmo chiedere alla Chiesa palermitana – dicono ancora i familiari – cosa intende fare della struttura “tolta”, nel loro diritto civile, al Centro di Accoglienza Padre Nostro, quello fortemente voluto da Padre Puglisi e guidato da Maurizio Artale, che rappresenta per tutti noi la sua opera missionaria e causa della sua uccisione”.
“Per noi è assurdo considerarla una reliquia come ha dichiarato il Cardinale Romeo in una intervista che abbiamo ascoltato nel documentario Beata Provvidenza. Ciò fa intendere che tutto finisce li; in realtà non è così perché il Centro c’è, è attivo e ci lavorano da venti anni, alcuni di loro per qualche spicciolo, altri per volontariato, ragazzi in gamba che in nome di Padre Puglisi, dell’amore verso gli altri, per il rispetto individuale e sociale, lottano in prima linea”.
“Noi come famiglia non pretendiamo niente – continua l’accorata lettera aperta – ma teniamo e tuteliamo il rispetto di coloro che lavorano in silenzio e che hanno sulle spalle oneri e responsabilità non indifferenti. Tutto questo è avvalorato anche dal fatto che alcune persone “speciali” che fanno parte dell’istituzione Chiesa appoggiano sia moralmente che economicamente l’opera del Centro Padre Nostro. A noi dispiace ascoltare e leggere le critiche infondate mosse nei confronti di Artale e dei giovani del Centro a proposito dell’acquisto della casa di Padre Puglisi, perché in realtà questo è un desiderio della nostra famiglia”.
“Ne avevamo parlato, sempre a Palazzo delle Aquile, con il sindaco Orlando, il quale ci aveva fatto intendere che avrebbe fatto qualcosa in proposito. Evidentemente, preso da altri impegni e responsabilità, ancora oggi stiamo aspettando una risposta. Allora, visto che le istituzioni laiche e non si presentano solo per dovere nelle grandi occasioni, Maurizio Artale, Presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro di Padre Puglisi, ha cercato di esaudire questo nostro desiderio, promettendoci di ricreare, fin dove sarà possibile, l’ambiente e il luogo dove il nostro familiare ha vissuto, prima con i genitori e poi da solo. Quella casa sarà un luogo di raccoglimento senza alcun interesse economico”.
“Allora signori, – concludono i familiari di Don Pino – prima di muovere delle critiche sull’operato degli altri, documentiamoci bene, guardiamoci dentro e contiamo fino a dieci prima di parlare”.