L’abolizione delle nove Province siciliane, entro dicembre 2013, si trascinerà dietro, inevitabilmente, la problematica relativa a 6.500 unità di personale e, incredibilmente, a ben 260 società partecipate con al seguito relativo personale e consigli di amministrazione.
E’ da questi numeri “drammatici” che deve partire qualsiasi confronto sul futuro degli entiu intermedi. “Sin dall’inizio del vertice, è apparso chiaro che i delegati del governo non avessero un’idea precisa su cosa trattare realmente né, tantomeno, hanno presentato una proposta governativa sul futuro del personale provinciale e della moltitudine di dipendenti delle società partecipate ad esse collegate – dicono i rappresentanti dei sindacati dei regionali Cobas e Sadirs preoccupati dall’arrivo in regione di questo ulteriore ingente flusso di dipendenti -.
“Preoccupazione e irritazione è stata espressa da quasi tutte le organizzazioni sindacali – si legge in una nota cobas – che hanno denunciato l’incomprensibile quanto preoccupante comportamento del governo su questa vicenda che, certamente, rischia di disperdere preziosissime professionalità e produrre nuovi disoccupati, oltreché, fra l’altro, dare un grave colpo alla cultura siciliana con la chiusura di licei linguistici e istituti musicali (AFAM), mandando sulla strada docenti e interrompendo la continuità didattica agli studenti”.
“Rispediamo al mittente – dichiarano i segretari generali del Cobas-Codir, Marcello Minio e Dario Matranga e del Sadirs, Fulvio Pantano – ogni eventuale proposta avanzata che preveda l’accollo alla Regione del personale delle province e, ancor meno, delle loro società partecipate. Ciò, fra l’altro, rappresenterebbe una pietra tombale sulla situazione di circa 1000 precari regionali per i quali da tempo rivendichiamo una stabilizzazione ragionevole che, invece, fino ad oggi è stata osteggiata da chi, demagogicamente, promette soluzioni in contrasto con leggi anche costituzionali. Ipotesi del genere rappresenterebbero anche la vanificazione di ogni speranza di carriera bloccata, alla Regione, da oltre vent’anni”.
“6.500 dipendenti di ruolo e 260 società partecipate provenienti dalle province – continuano i tre segretari generali – hanno il sacrosanto diritto al mantenimento dei livelli occupazionali ma rappresentano un carico troppo gravoso per una Regione già “azzannata” nelle proprie finanze con una prospettiva sempre più nera per l’amministrazione e i siciliani. Invitiamo, perciò, il governo regionale a verificare la possibilità, in un momento di così grave crisi, di rimodulare il progetto di abolizione delle nove province siciliane, ridisegnando un processo graduale che preveda espresse garanzie occupazionali e giuridiche-economiche per tutto il personale anche attraverso processi di accompagnamento alla pensione”.
“Auspichiamo – concludono i segretari generali dei sindacati autonomi Cobas/Codir e Sadirs – un serio ravvedimento della politica siciliana sui tempi di esecuzione dell’intero progetto di riordino degli enti locali siciliani e, invece, invitiamo il governo a un concreto potenziamento degli apparati amministrativi che possa costituire il presupposto per un serio rilancio economico di tutti i comuni siciliani; evitando, altresì, il ricorso a soluzioni disastrose come l’aumento dell’Irpef che servirebbe a deprimere, ancor di più, e irrimediabilmente tutti i lavoratori siciliani e, conseguentemente, l’intera economia dell’Isola premiando, seppur involontariamente, ancora una volta le scelte degli evasori”.