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Genovese: “Il mio consenso ha dato fastidio, accetterò qualsiasi verdetto”

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Inizia la settimana più lunga per Francantonio Genovese, il deputato del pd, già segretario regionale del partito ed ex sindaco di Messina su cui pende una richiesta di arresto firmata dal gip di Messina, Giovanni Di Marco nell’ambito dellinchiesta sui corsi d’oro della formazione professionale a Messina.

Genovese, accusato di truffa, peculato e riciclaggio, sta per raggiungere Roma dove domani  si terrà la prima seduta della giunta per le immunità della Camera che esaminerà la richiesta di arresto.

In una lunga intervista rilasciata a Repubblica, ripercorre gli ultimi anni, l’ascesa e la caduta, con un tono dimesso, da ‘resa dei conti’. Parla della necessità di “distinguere il fuoco amico da quello nemico”, di quelle 20 mila preferenze che lo hanno eletto 15 mesi fa come di un boomerang, perché “a volte è meglio vincere che stravincere”. E pur sottolineando di non voler sposare alcuna ipotesi complottista, aggiunge che “è evidente che un consenso del genere dà fastidio a molti”.

Genovese passa poi alle accuse, pesantissime, che lo riguardano. E ai milioni della formazione professionale finite a società collegate alla sua famiglia. Quei soldi, spiega, altro non sarebbero che “canoni pagati dagli enti di formazione regionali a società del mio gruppo per l’affitto di immobili e attrezzature”.

Riguardo ai prezzi gonfiati, da cui Genovese avrebbe tratto profitto, lo stesso si difende precisando che si tratterebbe di “un ammontare che comunque non supera i 500 mila euro”.

Nell’inchiesta che lo riguarda, l’espressione “sistema criminale” ricorre più volte. Fondi regionali a profusione a familiari ed amici di Genovese, pronto ad assicurare che i reati che gli vengono contestati dipendono da “perizie errate su immobili ed attrezzature” e che di “sistema” si può parlare solo “per la presenza dentro questo settore di alcuni parenti” e il loro aver favorito “qualche ritorno elettorale”. Il deputato, non senza amarezza, aggiunge: “Dio sa quanto mi sia pentito di essermi occupato di formazione professionale, alla luce dei problemi che me ne sono derivati”.

Certo, qualche errore nel “sistema”, criminale, o semplicemente familiare, come lui sostiene, dev’esserci stato. E Genovese è possibilista: “Più d’uno. Chi non ha commesso errori nella vita e nella politica?”. A suo avviso, il passo falso più grave è stato quello di non aver affrontato “un mondo delicato come quello della formazione professionale con maggior distacco. Ho capito – dice – che oggi va data un’impostazione diversa al modo di intendere la politica. Più grandi temi, meno porta a porta. Ma in Sicilia, è difficile”.

Eppure, la Regione ha sborsato di tasca propria per spese che con la politica hanno poco a che fare. Si parla di yacht: “non c’è mai stato – ribatte Genovese – è un gommone di 11 metri”, di gioielli “erano – spiega ancora – dei gadget da 25,30 euro ciascuno” e di domestici personali “che servivano anche per la pulizia degli uffici “. Spese di cui Genovese parla come “a carico della Caleservice, società di servizi che vive di capitali privati” e i cui finanziamenti pubblici “sono soltanto come corrispettivo per l’affitto dei locali”.

Quanto accaduto ha messo in subbuglio, e non poco, il Pd. Un duro colpo anche per il segretario nazionale e neo premier Renzi.
“Si – riconosce Genovese – so di averlo messo in imbarazzo e mi dispiace”. Il deputato si affida alla buona fede di chi dovrà giudicarlo, forte di un convincimento: “Una persona dotata di un minimo di intelligenza, e soprattutto chi mi conosce – dice a Repubblica – non può credere che io in questi anni abbia emesso o ricevuto solo fatture per prestazioni inesistenti, così come mi viene contestato. O che sia al centro di un’organizzazione criminale che quasi quasi può competere con Cosa nostra”. E ancora: “Io mi sento a posto, anche se provato da un’inchiesta che coinvolge pesantemente me e i miei cari. E non ho perso neppure la fiducia nella magistratura. Certo, in questo momento è messa a dura prova”.

Genovese si prepara alle prossime ore, decisive per il suo futuro. Racconta di non aver ancora parlato con Renzi, ma di essere intenzionato a chiarirsi con Guerini, portavoce del partito.
“Io non chiedo clemenza – conclude – ma solo che si tenga conto anche delle mie ragioni e dei fatti inconfutabili portati a sostegno. Poi, accetterò qualsiasi verdetto, della giunta per le autorizzazioni e del Parlamento”.


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