L’agguato a Giuseppe Di Giacomo ieri pomeriggio nel cuore del mandamento Porta Nuova ha un duplice scopo. Abbassare la cresta in chi ha tentato di prendere il sopravvento nella famiglia mafiosa. E confermare a Palermo il predominio assoluto sul resto delle famiglie del capoluogo.
Per gli investigatori sin dai primi minuti dopo l’omicidio era chiaro che si è trattato di un’esecuzione decisa ad altissimi livelli. Cosa Nostra uccide in pieno giorno e a due passi dall’abitazione della vittima solo per lanciare un messaggio a tutti. Per punire qualcuno che ha commesso un grave errore.
O che ha tentato di prendere il sopravvento o avrebbe iniziato a collaborare con le forze dell’ordine. E l’omicidio di ieri alla Zisa ieri ha colpito nel segno. E la famiglia Di Giacomo non è una qualunque.
Il fratello Giovanni in carcere all’ergastolo perchè era del gruppo di fuoco di Pippo Calò. Lo stesso Giuseppe arrestato nell’operazione Perseo nel 2008 e poi assolto nel 2011. Sulle modalità del delitto non ci sarebbero dubbi.
Di Giacomo è stato affiancato da due killer che gli hanno esploso cinque colpi di pistola. Uno anche alla nuca. A chiarire quanti colpi hanno raggiunto l’uomo sarà l’autopsia disposta dalla procura che sarà eseguita da Livio Milone.
La mafia torna così ad uccidere. Era successo lo scorso anno in via Messina Marine. Sotto i colpi dei killer era finito Francesco Nangano.
Nel 2011 era toccato a Giuseppe Calascibetta crivellato di colpi a Santa Maria di Gesù .
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