Rosario Crocetta parla sulle ceneri di un partito in disfacimento. Senza prospettiva se non reiterare i soliti nomi (primo fra tutti quello del segretario regionale uscente che non disdegna la ricandidatura pur senza sponsor né numeri sufficiente ad un successo garantito) o puntare sul “nuovo” che si affaccia all’orizzonte: ovvero la candidatura di Fabrizio Ferrandelli a segretario regionale del Partito dei democratici siciliani.
Rosario Crocetta, il governatore candidato dell’area di centrosinistra che proprio il Pd non voleva e che ha avuto un fortissimo, forse “eccessivo” visto il retroterra di partenza, imprimatur dall’Udc, ha aspettato nove mesi per partorire la sua “vendetta”. Animata da tutti questi mesi di scontri interni, tafferugli fra correnti e la sua incrollabile certezza: il governo nato con assessori tecnici di area non può essere inquinato da un rimpasto che porti in squadra personaggi discussi o discutibili.
E per sbatterlo in facci ai suoi “compagni”, Crocetta ha atteso che la tensione si alzasse al massimo in un partito che dopo l’inchiesta sulla formazione a Messina, si sta velocemente autodistruggendo. Dal pulpito del San Paolo Palace hotel dove da questa mattina la direzione regionale è in corso, Crocetta ha attaccato tutto e tutti. A cominciare da Fabrizio Ferrandelli per anestetizzare l’immagine del “nuovo” che vuole rappresentare: “Ho sbagliato ad appoggiarti alle primarie per la candidatura a sindaco. Tu sei quello che mi ha portato dai Pip per poi scoprire che molti di loro sono mafiosi”. Colpito e affondato.
Poi va dritto al cuore della contrapposizione con il suo partito, dal quale, dice, non vuole allontanarsi. Ma conquistarlo, evidentemente. E per affonda il coltello: “Mi avevano proposto come assessori Luigi Cocilovo e Wladimiro Crisafulli. Il primo con problemi nella formazione, il secondo non c’è nemmeno bisogno di spiegarlo” dice sprezzante Crocetta tagliando le gambe a tutti. Perché nonostante la rivolta di piazza (nel senso di platea politica della direzione), il presidente della Regione sa che la base del partito, una base risicata e sempre più contestataria a livello territoriale, condivide con lui le stesse avversioni nei confronti di una classe dirigente incapace di uno sforzo creativo persino nella proposizione di nomi nuovi, nel senso di intonsi e al di sopra di ogni sospetto, ai posti di peso della gerarchia di partito e amministrativa con un eventuale rimpasto.
Ed è qui che Crocetta svela senza neanche troppe ritrosie il fine ultimo del suo discorso: lancia la candidatura, in piedi ormai da almeno sei mesi, di Nelli Scilabra, l’assessore alla formazione del suo governo, alla segreteria regionale del partito per continuare con quell’immagine di rivoluzione che il presidente Crocetta ha lanciato sui giornali di tutta Italia. Una ragazza alla guida di un partito. Una corsa a posizioni di prestigio ben pilotata evidentemente da uomini scafati della politica, come Crocetta e prima ancora come il senatore Beppe Lumia, mentore di Nelli Scilabra. Che ieri sera nel corso di un confronto all’Nh Hotel di Palermo ha chiesto il rinvio del congresso sia a livello regionale che nazionale, ufficialmente per sostenere compatti l’azione del governo nazionale di Enrico Letta.
Una mossa azzardata. Forse. Certamente di richiamo. E sicuramente di rottura. Perché se mai dovesse azzeccare anche questa, un po’ per fortuna sua molto per sfortuna e impreparazione del Pd, Crocetta diverrebbe un vero mattatore della politica italiana. Mostrando allora sì che il Megafono – come ha detto oggi in direzione – è un’idea non un partito. E’ l’idea che il Megafono non gli basta che vuole anche il Pd.