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Viaggio nella festa di Sant’Agata: il sacco e le candelore

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La festa di Sant’Agata (FOTO) si avvicina ed in città inizia a respirarsi la sua inconfondibile atmosfera. Tra le vie del centro è già possibile incontrare le caratteristiche “candelore”, rappresentative delle corporazioni dei mestieri e delle arti, che nella processione dei giorni 4 e 5 febbraio precederanno, come di consueto, in corteo la “vara” nel suo peregrinare per le strade cittadine.

Queste costruzioni artigianali in legno, ciascuna recante al centro un grosso cero, sorsero con l’originaria funzione di illuminare il percorso per i fedeli in processione. Le candelore, che sono trasportate da rappresentanti delle associazioni di categoria con la caratteristica e curiosa andatura ondulatoria detta “annacata”, nel corso del “giro interno” e del “giro esterno” sfileranno nell’ordine prestabilito dal rigoroso e consolidato cerimoniale della festa con in testa il cero di monsignor Ventimiglia, seguito da quelli dei “Rinoti”, dei giardinieri e dei fiorai, dei pescivendoli, dei fruttivendoli, dei macellai, dei pastai, dei pizzicagnoli, dei bettolieri, dei panettieri, per finire con quello del Circolo Sant’Agata.

Tra pochi giorni il capoluogo etneo sarà invaso da un fiume bianco, che tra invocazioni e preghiere, accompagnerà il fercolo della patrona in processione tra le vie della sua Catania. Bianco come il “sacco”, quel camice lungo fino ai piedi e legato all’altezza della vita da un cordone monastico, che caratterizza il tradizionale abbigliamento dei devoti, ma anche come i guanti ed il fazzoletto che completano la veste dei fedeli, solitamente corredata da un berretto di colore nero.

Sull’origine ed il significato del sacco, che i catanesi avrebbero per la prima volta indossato il 17 agosto del 1126, in occasione del ritorno in città delle reliquie di Sant’Agata, si è a lungo dibattuto. Dagli studi effettuati sembrerebbe potersi escludere che, come troppo semplicisticamente sostenuto, si trattasse della camicia da notte indossata dai cittadini destatisi dal proprio sonno per rendere omaggio alle spoglie della martire. E sarebbe fuorviante anche pensare ad una rivisitazione in chiave cristiana della tunica bianca tipica dei sacerdoti della dea Iside, dea del mare, le cui festività si tenevano nei primi quindici giorni del mese di agosto.

L’idea prevalente è che si tratti di un abito liturgico, il cui precedente storico può individuarsi nel biblico “sak”, una veste popolare adoperata in segno di lutto, di penitenza o di protesta contro il lusso. Il sacco dei devoti di Agata aveva originariamente colore cenere, ora proprio esclusivamente del copricapo, mentre il bianco fu adottato soltanto in un secondo momento per indicare purezza, scienza, religione.

foto di Antonio Parrinello

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