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Stato-mafia: “Esponenti istituzioni hanno supportato Cosa nostra”

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“I magistrati non hanno soltanto il dovere di essere imparziali ma devono anche apparire come tali. Dunque, no all’esposizione mediatica no a comportamenti impropri, no a carriere politiche inaugurate nel medesimo distretto dove il giorno prima il candidato indossava la toga”.

Lo scrive il presidente della Corte di appello di Palermo, Vincenzo Oliveri, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Oliveri rileva che “riferito al potere giudiziario, il rispetto del proprio ruolo – come osserva il presidente Napolitano in un volume che ha per oggetto il difficile rapporto tra politica e giustizia – significa che i pareri del Csm non possono tradursi in un sindacato di costituzionalita’ preventivo sulle leggi. Significa opporsi alla deriva correntizia; significa che nessuna sentenza dovrebbe mai ospitare valutazioni estranee ai fatti processuali”.

“Una particolare segnalazione” viene riservata dal presidente della Corte d’appello di Palermo al processo per la trattativa Stato-mafia, cui dedica un passaggio della sua relazione inaugurale. “Si procede per il reato di violenza e minaccia a corpo politico e amministrativo, posta in essere da Cosa Nostra nei confronti dei governi in carica, a partire dall’omicidio Lima (marzo 1992) e fino ai primi mesi del 1994 – scrive – allo scopo di ottenere benefici di vario genere”, e sottolinea che “la violenza e la minaccia – secondo l’accusa – si sarebbe articolata in vari episodi di strage, mediante uso di esplosivi, commessi a Palermo ed in altre parti del territorio nazionale. Tale attivita’ intimidatoria sarebbe stata accompagnata dall’invio, tramite intermediari, di richieste specifiche dirette alla eliminazione di norme ed istituti giuridici particolarmente incisivi nella lotta alla mafia”.

Oliveri rileva che “tra gli imputati figurano esponenti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, ai quali si addebita di avere, con il loro comportamento, supportato l’azione intimidatrice di Cosa Nostra, esponenti del vertice mafioso dell’epoca e Ciancimino Massimo, che, con le sue dichiarazioni, ha apportato un rilevante contributo alle indagini”.

In aula magna, sono presenti anche i pm del processo sulla trattativa Stato-mafia: il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Nino Di Matteo e Francesco Del Bene. C’e’ anche il presidente della corte di Assise del processo, Alfredo Montalto.

Oliveri aggiunge che “l’associazione mafiosa Cosa Nostra continua ad esercitare il suo diffuso, penetrante e violento controllo sulle attivita’ economiche, sociali e politiche nel territorio, anche se il dato statistico rivela un’attenuazione del fenomeno criminale (-18% del numero di reati)”. Le indagini, riferisce il presidente della Corte, “hanno posto in evidenza i tentativi di riorganizzazione delle consorterie mafiose, nonostante la intensa azione repressiva da parte dello Stato. Il ritorno in liberta’ di esponenti mafiosi di spicco, che hanno concluso l’espiazione delle pene detentive ha inciso infatti, sensibilmente sui nuovi assetti di potere nell’ambito dei rispettivi territori ed ha in molti casi rinvigorito il prestigio e la capacita’ di influenza di Cosa Nostra nel contesto sociale di riferimento per il forte carisma di alcuni di tali personaggi”. Di qui, appunto, l’esigenza di una norma specifica per sanzionare la recidiva dei reati di mafia.


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