“Ero determinato. Stamattina sono sceso da casa per venire qua a palazzo delle aquile e darmi fuoco. Non avevo nessun dubbio, nessun ripensamento. Ero venuto per farla finita e farla pagare a chi da trent’anni gioca con le nostre vite, compiendo l’ultimo atto in piazza davanti le istituzioni”.
A parlare è Tommaso D’Alcamo, l’operaio Gesip che ha minacciato il suicidio davanti Palazzo delle Aquile. Ora è più calmo, sta con gli altri colleghi in piazza a manifestare ma, per il momento, sembra aver abbandonato l’intenzione suicida anche se il sistema di allerta intorno non si è fermato. Ci sono polizia, vigili del fuoco e una ambulanza pronta tutto intorno alla fontana di Piazza pretoria.
“E’ stata la Digos che mi ha calmato e mi ha fatto riflettere. Mi dicono che con il dialogo si può risolvere tutto e allora parliamone. Io chiedo solo al sindaco che ci spieghi cosa è successo. Eravamo tutti d’accordo che avremmo lavorato a ritmo ridotto e ci avrebbero pagato in parte con la cassa integrazione e in parte con soldi del comune e avremmo avuto le 850 euro al mese con le quali, in qualche modo, riusciamo a far mangiare le nostra famiglie”.
D’Alcamo, però non se la prende con il sindaco, ma con i sindacati “Non si capisce perché hanno deciso di non firmare. Sostengono che avremmo avuto solo 550 euro della cassa integrazione e poi nient’altro ma il sindaco ci ha promesso che poi li trova i soldi per l’integrazione e che anche quelli del 2013 ora arrivano”.
D’Alcamo adesso è più calmo ma la situazione resta difficile e potrebbe esplodere in qualsiasi momento “Sono trent’anni che siamo precari in varie forme ed in vari modi. Trent’anni che ci danno questi pochi soldi per sopravvivere. ma quando dobbiamo trovare un poco di serenità per le nostre famiglie, quando ci spetta un minimo di diritto. Siamo tutti esasperati. ci mancava solo questo regalo di Natale. Quando potrai mai calmarsi il nostro cervello. Forse oggi è meglio morire“.