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Beni confiscati, la Cgil: “Rivedere le leggi per creare lavoro e sviluppo”

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Il valore dei beni sequestrati alla mafia in Italia dal 1992 ad oggi ammonta a 14 miliardi e mezzo. Una parte ingente dei quali è costituita da aziende, che nel 90% dei casi sono fallite, lasciando per strada 80 mila persone. In tempi di crisi economica come quelli attuali è più che mai necessario aggiornare la normativa per tutelare i lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate affinché queste ultime facciano da volano economico producendo crescita, occupazione e legalità.
Di questo si è discusso a Palermo in occasione del dibattito “Il lavoro contro la mafia” organizzato dalla Cgil all’Hotel San Paolo Palace, un luogo simbolo della lotta alla mafia perché sequestrato ai boss Graviano di Brancaccio.

“Molte di queste aziende sono del settore edile – spiega Michele Pagliaro, segretario generale Cisl Sicilia – e quando va via il mafioso entrano in crisi, sino al fallimento. L’amministrazione controllata poi, non sempre riesce a risolvere le criticità. Bisogna costruire anche una capacità manageriale intorno alle aziende appartenenti alla criminalità. Gli strumenti normativi di cui disponiamo sono obsoleti, bisogna rivederli”.

Il segretario di Cgil Sicilia esprime perplessità sulla proposta di Confindustria di un proprio impegno in merito alla formazione manageriale nelle aziende sequestrate e confiscate. “Fare funzionare bene queste aziende è importante ma la vera priorità è tenere la mafia fuori dalla porta”.

Altra questione è quella dell’ipotesi di una Agenzia regionale per i Beni sequestrati e confiscati. “Ben venga – commenta ancora Pagliaro – ma forse si dovrebbe pensare, prima di creare nuove strutture, a far funzionare bene quelle che ci sono già”.

Le speranze si concentrano adesso su “Io riattivo il lavoro” un disegno di legge presentato da un cartello di associazioni – tra cui Arci e Libera – insieme alla Cgil, il cui iter è appena iniziato in Parlamento, e il cui scopo è ridare dignità ai lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate reinserendole nel tessuto produttivo sulla base delle regole del mercato e delle leggi dello Stato.

Presenti al dibattito anche molti lavoratori di queste aziende, tra cui quelli di Gruppo 6GDO, confiscato a seguito della condanna definitiva per mafia del proprietario Giuseppe Grigoli, affiliato a Matteo Messina Denaro.
“Nel gruppo lavorano 500 persone – spiega Roberto Margiotta -. Per sei anni siamo stati in amministrazione controllata perché l’azienda era sequestrata. Questo non è bastato ad evitare che venissero licenziati 40 dipendenti e a tutt’oggi non sappiamo cosa ne sarà del nostro posto di lavoro”.


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