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Il concorso beffa e l’ira dei precari Metodo di assunzione sotto accusa

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Il “concorso beffa” della Scuola provoca l’ira degli insegnanti precari: che fanno sentire la loro voce. Sotto accusa ci sono i criteri stabiliti dal ministero dell’Istruzione per il reclutamento degli insegnanti. Il pasticcio riguarda quindi il metodo di assunzione in pianta stabile, insomma la stabilizzazione dei precari. I provvedimenti che li riguardano sarebbero stati decisi senza tenere conto dell’anzianità e dunque sarebbero del tutto illegittimi. In arrivo c’è una pioggia di ricorsi e richieste di incontri al ministro Maria Chiara Carrozza.

Il Governo prevede la stabilizzazione dei precari a condizione che siano pagati come supplenti, senza progressione di carriera, per evitare la condanna dell’Unione europea.

Decine sono le mail arrivate all’indirizzo di posta elettronica di BlogSicilia da parte di insegnati precari, abilitati e in via di abilitazione, pronti a presentare ricorso. 

“Nel corso degli ultimi 10 anni – si legge in una nota inviata da Armando Rizzo a nome del Gruppo Percorsi Abilitanti Speciali – si sono verificate situazioni di evidente cattiva gestione della formazione iniziale, ma soprattutto del reclutamento, che in alcune discipline hanno costretto all’assunzione di insegnanti non abilitati su posti vacanti, spesso disponibili da organico di diritto, e in altre discipline hanno creato enormi liste di docenti abilitati ma con pochissime speranze di prendere il ruolo”.

“La responsabilità di tutto questo -continua la nota del Gruppo Percorsi Abilitanti Speciali – appartiene a chi ha legiferato e poi mal gestito la scuola, senza dubbio non ai lavoratori che hanno prestato servizio. Di conseguenza, le battaglie che sono state condotte da alcuni gruppi di docenti non abilitati negli ultimi anni hanno portato alla definizione del decreto ministeriale 249/2010 prima e al dm 81/2013 poi. Come in tutti i paesi civili, scontatamente anche in Italia si doveva procedere prima ad assorbire il personale precario poi alla formazione di nuovi insegnanti. Al contrario, si è sciaguratamente invertita la sequenza”.

Molte le perplessità anche sui corsi Pas e Tfa per docenti, nati per l’abilitazione all’insegnamento, i primi sono indirizzati ai titolari di laurea magistrale in regime transitorio, i secondi al personale in possesso di almeno 3 anni di servizio.

Relativamente all’attivazione dei percorsi formativi speciali, Davide Fabris, ingegnere meccanico laureato con il massimo dei voti e dottore di ricerca che attende l’inizio dei corsi Pas, sostiene: “Credo di esprimere opinione comune chiedendo l’equità di trattamento con il Tfa ordinario in rispetto di quanto comunicato dall’allora ministro Profumo alla data di istituzione dei percorsi formativi (presente tuttora nelle comunicazioni del Miur. È inaccettabile essere oggi vittime da immolare per ritardi non voluti da noi, di errori sulla valutazione degli effettivi numeri degli aventi diritto e condannate ora ad un’abilitazione di serie B”.

La professoressa Francesca Nicosia dice “no alla differenza di punteggio con ordinario”. Chiede “l’ingresso nel GaE (Graduatoria ad esaurimento, ndr) al termine del percorso abilitante per tutti gli abilitati (Pas e Tfa), l’avviamento dei Pas in concomitanza con l’inizio dell’anno accademico (ottobre-novembre) e la possibilità di recuperare eventuali assenze (giustificate da certificati medici) eccedenti il 20%, visionando online le lezioni a cui non si è potuto assistere. I corsi invece totalmente online eviterebbero costi eccessivi e scaglionamento”. L’insegnante auspica che siano “costi i contenuti e vi sia possibilità di rateizzazione” e dice no agli scaglionamenti dei corsi Pas in più anni: “chi rientra nel II scaglione salta aggiornamento graduatorie,che lo si inserisca in II fascia con riserva, almeno”.

Maria Pia Iacono, insegnante precaria, racconta: “Io come tanti ormai da anni è chiamata dalle scuole a coprire supplenze che nella maggior parte dei casi si risolvono in annuali e anche meno. Pur comunque riconoscendo i meriti dei miei colleghi e quindi senza voler offendere nessuno, scrivo per far rilevare la mancanza di rispetto, da parte di alcuni, della dignità delle persone che, come me, hanno contribuito a mandare avanti la scuola italiana. Mi chiedo perché, nel momento di stilare le graduatorie finali della preselezione del Tfa ordinario è stato considerato anche il servizio? In questo modo molti candidati che hanno superato tutte e tre le prove si sono trovati in fondo alla graduatoria e sono rimasti fuori. Dovremo lottare insieme per veder riconosciti i nostri diritti, anche davanti all’ Europa, invece di coltivare ognuno il proprio orticello!”.


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