Torna la paura dell’influenza aviaria, la variante della normale influenza che viene trasmessa all’uomo dai volatili e risultata spesso mortale per le persone contagiate.
I ricercatori hanno individuato il primo caso di trasmissione umana della nuova variante di influenza aviaria spuntata in Cina. Un evento sempre temuto dalla comunità scientifica. Già in occasione dell’allarme aviaria del 2006 la comunità scientifica parlava di questa eventualità. Fino a quando il virus non muta e non è capace di passare da un uomo ad un altro l’epidemia non può trasformarsi in pandemia e resta circoscritta alle persone che vivono in contatto con gli uccelli o che consumano carni crude o sangue infetto.
In pratica il virus dell’aviaria di quell’anno, l’H5N5, pur risultando mortale per parecchi orientali abituati al consumo di polli crudi, restò circoscritto ad una porzione minima di popolazione mondiale ed anche quando il virus arrivò in Europa attraverso le migrazioni, non venne trasmesso all’uomo.
Il così detto evento barriera, però, adesso si è verificato con la nuova variante del virus dell’aviaria denominato H7N9. Il British Medical Journal riferisce che il contagio sarebbe avvenuto fra una donna di 32 anni, colpita proprio dalla variante conosciuta come H7N9, e il padre di quest’ultima. L’influenza sarebbe stata trasmessa, verosimilmente, per via aerea diretta mentre la donna accudiva il genitore.
L’origine della malattia, però, resta legata agli uccelli visto che il padre aveva contratto il virus frequentando un mercato avicolo orientale.
Entrambe le persone contagiate sono morte. Finora non c’erano prove che una persona potesse ammalarsi di influenza aviaria contagiata da un’altra persona, perché tutti quelli che avevano contratto il virus avevano avuto contatti con uccelli.
Gli esperti comunque sottolineano che questo non significa che il virus abbia sviluppato la capacità di diffondersi facilmente tra gli esseri umani. Dovranno essere condotti studi sul virus presente nelle due vittime per comprenderne la mutazione. il passo successivo dell’evoluzione virale verso una eventuale pandemia è la mutazione che potrebbe portare la malattia da aviaria a divenire umana a tutti gli effetti.
E’ quello che si pensa sia successo all’inizio del secolo scorso, esattamente fra il 1918 ed il 1920 quando quella che venne chiamata “la grande influenza” colpì tutta Europa uccidendo circa 20 milioni di persone. Un bilancio esatto risultò impossibile. Quella influenza, chiamata spagnola perché i primi a parlarne come grande epidemia furono i giornali iberici, in realtà veniva dall’oriente e secondo indagini scientifiche postume potrebbe essersi trattato proprio di una influenza aviaria mutata.
Se un virus aviario mutagene dovesse vedere la luce oggi, sottolineano dall’organizzazione mondiale della sanità, certamente le conseguenze non sarebbero così drammatiche vista l’ampia gamma di cure disponibili un secolo dopo. Di fatto, però, queste restano solo ipotesi visto che la pericolosità di un virus e la sua resistenza ai farmaci non può essere prevista fino a quando il mutagene non si presenta.
Fino al 30 giugno scorso in Cina erano stati registrati 133 casi del nuovo ceppo di influenza aviaria, 43 dei quali hanno avuto un esito letale.