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La Sicilia spreca 14 miliardi l’anno I dati dallo studio di Confcommercio

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Gli sprechi della pubblica amministrazione non sono soltanto centralizzati a Roma. Al contrario le Regioni sprecano, ogni anno, oltre 82 miliardi di euro e la Sicilia è in testa a questa classifica con sprechi per quasi 14 miliardi di euro.

Nuovo triste primato per la Sicilia che già ieri aveva vinto la palma di Regione più indebitata d’ItaliaUn primato giunto all’indomani dello stop al decreto pagamenti e delle dimissioni dell’assessore all’economia Luca Bianchi (VIDEO 1INTERVISTA

E’ quanto emerge da uno studio della Confcommercio che ha presentato i suoi dati nazionali a Cernobbio. L’eccesso di spesa regionale complessivamente ha un costo quantificabile in 82,3 miliardi di euro.  La Sicilia è in testa con 13,8 miliardi e, a seguire, Lazio (11,1 mld) e Campania (10,7 mld). Le più virtuose sarebbero la Lombardia che non sprecherebbe nulla e la Valle D’Aosta con uno spreco valutato in circa 700 milioni di euro.

Dallo studio emerge che il 43,3% delle inefficienze è, dunque, attribuibile proprio alle regioni del centro – sud con in testa la Sicilia, seguita da Campania e Lazio. Inoltre se tutti spendessimo, a testa, quanto i lombardi si risparmierebbero più di 80 miliardi  per consumi finali. Soldi che invece al momento vanno a finire nelle inefficienze di costo e quindi sprecati.

La classifica dello spreco è, comunque, falsata da quelli che vengono chiamati “vincoli orografici”. Insomma una parte della spesa quantificata come “spreco” in realtà sarebbe inevitabile per effetto della conformazione dei territorio che fa lievitare spese come quelle dei trasporti, o per la carenza delle infrastrutture che incide, anch’essa, sul trasporto e sui servizi.

Insomma ottenere un risparmio pari a 82 miliardi di euro sarebbe impossibile anche a fronte di una assoluta efficienza delle Regione. Ma con porovvedimenti mirati si potrebbe risparmiare almeno il 60/70% di questa somma. “Sembra comunque urgente – secondo Confcommercio – una riflessione seria sul ruolo delle economie di scala nelle produzioni degli enti locali e sul senso attuale degli statuti speciali, soprattutto dopo la riforma federalista della Costituzione”.


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