“Contro un Governo che ci aumenta i costi e ci riduce i ricavi, non vendiamo tabacchi per sciopero. Ci scusiamo con la gentile clientela”.
Un cartello in bianco e nero, a firma della Fit, la Federazione Italiana Tabacchi esposto all’ingresso della rivendita 146 di via Vincenzo Giuffrida a Catania, che ha aderito alla giornata di sciopero.
Alla cassa del tabacchino, stranamente, non c’è la solita fila. I clienti fumatori, che entrando non hanno fatto caso al cartello, si avvicinano al bancone: “Un pacco di…”. “Oggi niente sigarette – è la risposta degli addetti alla vendita – siamo in sciopero”.
A spiegare il motivo dello sciopero è Sebastiano Trovato, consigliere provinciale Fit e titolare del tabacchino ‘Smoke’, che gestisce con la famiglia: “La redditività è quella del 2003, ma i costi sono aggiornati al 2014. Quello che chiediamo al Governo è l’aumento dell’aggio al 15 % per sostenere i costi di gestione dell’attività”.
I prodotti in commercio vengono distinti in alcune categorie: le sigarette, i sigari, i sigaretti, i trinciati per sigarette, altri tabacchi da fumo e il tabacco da fiuto e da mastico.
Prodotti che accomunati nella più generale categoria dei tabacchi lavorati, sono gravati da diverse imposte: l’Iva, che è pari al 21% del prezzo di vendita al pubblico al netto dell’IVA stessa, l’accisa correlata al prezzo di vendita al pubblico, che varia in relazione alla categoria del prodotto e il dazio, che si applica solo per i prodotti che provengono da paesi non appartenenti alla Unione Europea
Il prezzo finale di vendita al pubblico di un prodotto risulta dalla somma di più componenti, quelle fiscali alle quali si aggiungono l’aggio del rivenditore, nella misura fissa del 10% del prezzo e la quota di spettanza del produttore che è residuale rispetto al prezzo scelto dal produttore.
Niente sigarette in città, ma solo in alcuni tabacchini: c’è chi non ha aderito allo sciopero.