Per il palermitano, geneticamente abituato a sciagure ed avversità, sono giorni a metà tra l’umorismo nero e l’indignazione. Ma tutto, anche il pericolo, diventa spunto per esercitarsi nel calcolo delle probabilità e per affinare le capacità predittive.
“Ma da lì ci posso passare secondo te”? “Cade prima quello o l’altro accanto?”
Intanto si guarda verso l’altro augurandosi che Dio ce la mandi buona.
Un crollo a settimana. Palermo cade a pezzi, come i suoi palazzi. Il 5 febbraio è toccato alla Loggia dei Catalani in piazza Garraffello, il 13 febbraio al tetto di una scuola nella zona di corso Calatafimi, ieri sera a una palazzina a tre piani in via Cappuccinelle, nel rione Papireto.
Per fortuna, non ci sono state vittime. Vigili del fuoco e carabinieri hanno proceduto con i controlli per tutta la serata, transennando dove necessario e rassicurando i residenti della zona.
Ma per chi ha visto quel palazzo sgretolarsi davanti ai propri occhi, la notte appena trascorsa è stata insonne. Un frastuono assordante e poi le macerie. E soprattutto, la paura di restare sotto altre macerie, quelle del prossimo crollo.
Unanime il coro di accuse contro l’amministrazione comunale.
“Qua – denuncia Salvatore – ci sono migliaia di bambini. Che dobbiamo fare per risolvere questa situazione? Dobbiamo andare al Comune e ‘rompere’ le corna a qualcuno?”
Gli animi si riscaldano, i toni minacciosi rivelano l’esasperazione e ancora il terrore. Le accuse sono pesanti e rivolte soprattutto al sindaco Orlando. Ancora una volta, i cittadini chiedono e chi li governa non è in grado di dare.
I residenti del Papireto continuano: “Il sindaco Orlando è venuto quando doveva chiedere i voti ma se adesso siamo noi a chiedere a lui di toglierci dal pericolo magari ci dice che non è possibile. Qui è un macello, è una vergogna. Deve morire qualcuno per risolvere il problema?”. Storie di ordinario disagio di una metropoli che non ce la fa più.