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Fiat, Termini Imerese scrive a Letta Appello firmato anche dall’arciprete

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Una lettera firmata dai metalmeccanici territoriali di Fim, Fiom e Uilm, dal sindaco e perfino dall’arciprete, Francesco Anfuso, è stata inviata al premier Enrico Letta per chiedere il ritorno a Palazzo Chigi della vertenza che riguarda la Fiat di Termini Imerese, con 1.200 operai ai quali scade la Cassa integrazione a giugno e 174 licenziati da Lear corporation e Clerprem.

“Nel dicembre del 2009 il governo prese atto a Palazzo Chigi del piano industriale di Fiat presentato da Sergio Marchionne, nonostante prevedesse la cessazione dell’attività produttiva dello stabilimento di Termini Imerese – si legge nella lettera – La chiusura sarebbe stata affrontata e risolta al tavolo di crisi che venne istituito presso il ministero dello Sviluppo. Ad oggi, quattro anni dopo del drammatico annuncio, la soluzione non c’è”.

Il 31 gennaio scorso, nella riunione al ministero dello Sviluppo economico, “è emerso un dato preoccupante, la palese ammissione da parte di Invitalia del fallimento del piano di reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese avviato nel 2009: non è stato impegnato a oggi un solo euro e non ci sono manifestazioni di interesse esecutive da qui a 36 mesi”.

“Il governo da lei guidato – si rivolgono così a Letta i firmatari della lettera – deve chiedere a Fiat di ricercare una missione produttiva per lo stabilimento in seno al comparto dell’automotive”.

“Questo è possibile – proseguono sindacalisti, arciprete a sindaco – anche perché i lavoratori di Termini Imerese sono a pieno titolo dipendenti di Fiat e della Magneti Marelli e oltretutto gli impianti produttivi siciliani sono pienamente funzionanti e pronti alla ripartenza. Il grande processo di fusione con Chrysler può e deve riservare questa opportunità”.

La lettera-appello inviata al premier Letta dai metalmeccanici di Termini Imerese, dal sindaco e dall’arciprete per salvare lo stabilimento della Fiat è rivolta anche ai leader di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Un gesto che suona come un rimprovero se si considera che i tre segretari confederali non hanno mai partecipato ad assemblee o iniziative davanti ai cancelli dello stabilimento siciliano.


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