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Viaggio nella festa di Sant’Agata: il fercolo votivo e le reliquie

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Sarà un fine settimana di fervida trepidazione per i fedeli di Sant’Agata, desiderosi di tuffarsi per le strade e regalare alla patrona di Catania il consueto bagno di folla, condito di affetto, calore e devozione.

Martedì, prima ancora che il sole rischiari con la sua luce la città illuminata dalla giovane martire, piazza Duomo sarà svegliata dall’accorrere dei devoti in attesa di stipare la Cattedrale, ansiosi di poter finalmente riabbracciare la propria patrona. Alle prime ore del mattino, infatti, la “Cammaredda”, la cappella dove sono custodite le reliquie della Santa, si aprirà ed un popolo festante acclamerà la “santuzza”.

Tra le grida di giubilo e i fazzoletti bianchi freneticamente agitati in segno di saluto, il busto reliquiario e lo scrigno di Sant’Agata, verranno collocati sull’altare maggiore della chiesa per la celebrazione della “Messa dell’Aurora”, presieduta dall’arcivescovo, monsignor Salvatore Gristina.

Nel busto argenteo della santa, risalente al 1376 ed impreziosito da centinaia di gioielli ed ex voto, è conservata la cassa toracica della martire, mentre la testa, sulla quale spicca la celebre corona donata da Riccardo Cuor di Leone, ne accoglie il teschio e la mandibola. Lo scrigno, una cassa in argento sulla quale sono raffigurati episodi della vita di Agata, la cui paternità è attribuita all’artista catanese del XV secolo Angelo Novara, in reliquiari separati racchiude le braccia e le mani, le gambe e i piedi, i femori e una mammella, e il famoso velo.

A conclusione della cerimonia, i reliquiari saranno portati all’esterno della Cattedrale, per essere collocati sul fercolo, o “vara”. Accompagnata dal suono delle campane e dal fragore dei fuochi d’artificio, in una piazza gremita, Sant’Agata riceverà il primo saluto dai suoi concittadini esultanti.

La “vara” è un tempietto d’argento che riveste una strutture lignea, sul cui tetto, di forma rettangolare e ricoperto da una cupola, si levano le statue dei dodici apostoli. Realizzata dall’orafo Vincenzo Archifel agli inizi del XV secolo, è provvista di quattro ruote di gomma piena, che ne consentono il trasporto da parte dei devoti tramite cordoni di circa 200 metri dotati di maniglie.

Come di consueto, nel corso del “giro esterno” il fercolo sarà ornato di garofani rosa, tinta che vuole ricordare il sangue della passione e del martirio, mentre il 5 febbraio i fiori assumeranno un colore bianco, simbolo della purezza, della castità, della fedeltà a Cristo e della rinascita al cielo della Santa.

foto di Antonio Parrinello


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