Il primo rivale di Cosa nostra era Rocco Chinnici. In particolare Nino Salvo faceva come un pazzo”. Così il pentito Francesco Di Carlo, rispondendo ai pm oggi al processo per la trattativa Stato-mafia, ha parlato dell’avversione di Nino Salvo, all’epoca potente gestore delle esattorie in Sicilia e legato alla mafia, per il giudice Chinnici, creatore del pool antimafia. Secondo Di Carlo, Nino Salvo “ha chiesto a Michele Greco di farci il favore su Chinnici”, ossia di fare assassinare il giudice.
“Greco -ha aggiunto il pentito- non faceva nulla senza parlare con Riina: io ero presente alla Favarella, quando Nino Salvo, incontrò Michele Greco per chiedere l’intervento di Cosa nostra”.
“Negli anni ’70-’80 – ha detto Di Carlo – mi interessavo io grazie alle mie conoscenze, ma non ho mai detto a Riina chi fossero i nostri contatti. Avevo un colonnello dell’esercito che era stato per tanti anni alla presidenza del Consiglio, si chiamava forse Cirrincione o Perricone. Poi avevo conosciuto l’ufficiale Vito Miceli (ex direttore del Sid), tramite lui conobbi Giuseppe Santovito (ex direttore del Sismi). I militari per noi non sono sbirri, ne abbiamo avuto in Cosa nostra o parenti di affiliati”.
Prima dell’inizio dell’esame del teste, il difensore di Marcello Dell’Utri, Giuseppe Di Peri, aveva chiesto di differire la deposizione del collaboratore Franco Di Carlo per dare il tempo alle difese di analizzare il verbale di interrogatorio del pentito reso nel 1998 al processo Borsellino-ter e depositato ieri dai pm. La corte ha pero’ deciso di rimandare ad altra udienza solo il controesame. Inoltre, l’avvocato di Salvatore Riina, Luca Cianferoni, ha chiesto di poter depositare il dispositivo della sentenza con cui la Corte d’assise d’appello ha assolto il boss dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mauro De Mauro. Il dibattimento era stato riaperto in appello proprio per risentire il pentito Di Carlo. I pm non si sono opposti.
Di Carlo sostiene che Santovito, direttore del Sismi era consapevole, quando si incontravano, che lui fosse latitante. Gaetano Badalamenti, detto il “boss dei due mondi”, invece presento’ a Di Carlo Nino ed Ignazio Salvo, i potenti esattori originari di Salemi: Nino divento’ addirittura sottocapo della cosca locale. “L’ultimo incontro fu nel 1983 a Roma. Avevano alcuni problemi. Loro erano molto intimi con Stefano Bontade, stravedevano per Badalamenti. E io gli consigliai di avvicinarsi a Totuccio Riina”, dice Di Carlo.
Secondo la versione di Di Carlo, il nome di Subranni fu fatto anche da Vito Ciancimino: “Tra gli anni 1976/77 mi parlò del colonnello Subranni”, dichiara il pentito in aula, e sull’ex sindaco mafioso di Palermo riferisce ancora: “Vito Ciancimino l’ho incontrato, a fine anni Sessanta, mille volte. Vito Ciancimino era un Dio per Binnu Provenzano mentre Totuccio Riina ce l’aveva sullo stomaco. Una volta al castello di Solunto, sicccome Ciancimino aveva di avere risolto un problema in Canada – ha detto Di Carlo – in Sicilia venne il boss newyorkese, da cui gerarchicamente dipendevano le famiglie canadesi. Eravamo io, Provenzano, Totuccio Riina, il boss americano e Vito Ciancimino”.