Eccolo qui. Venerdì 17 è arrivato anche quest’anno. E’ forse la data più citata e allo stesso tempo temuta dagli italiani. L’ultima volta che ci è venuta a trovare era il mese di maggio del 2013, eppure quel giorno è trascorso senza comportare conseguenze irreparabili per il pianeta Terra.
Perché – corriamo il rischio di affermarlo – venerdì 17 è una data come tutte le altre. Eppure in tanti, o per credenza o perché nella vita “non si può mai sapere”, oggi useranno amuleti, si barricheranno in casa o incapperanno nella cosiddetta maledizione della profezia che si autoavvera: a forza di supporre che qualcosa di spiacevole potrebbe accadere, infatti, si corre il rischio che la predizione si verifichi puntualmente. E anche se di ostacoli nella vita, piccoli o grandi, ne affrontiamo ogni giorno, oggi sapremo a chi (o meglio “a quando”) dare la colpa.
Di ipotesi sul perché il venerdì 17 porti sfortuna ce ne sono numerose. La più diffusa ci porta lontano nel tempo: il venerdì – santo, nel caso specifico – rappresenta il giorno della morte di Gesù, mentre il 17, in latino XVII, anagrammato compone la parola VIXI (ho vissuto) comunemente riportata sulle tombe dei defunti dell’antica Roma.
Per gli addetti ai lavori, l’accoppiata tra numero e giorno della settimana in questione può produrre effetti catastrofici, eppure basta il solo 17 a suscitare timore. Quello che nella smorfia napoletana è rappresentato da “a disgrazzia”, è anche l’oggetto di una fobia realmente presente in alcuni individui, definita per l’esattezza “eptacaidecafobia”. In questi casi, la terapia più adatta consiste nel tenersi a debita distanza da scale, gatti neri, sale e carri funebri senza bara.
Che ci crediamo o no, oggi mettersi un ferro (di cavallo) dietro la porta non costa nulla. E se fosse troppo ingombrante, se il corno rosso fosse troppo scontato e i quadrifogli troppo rari, non resterà che affidarci a noi stessi, magari con una mano impegnata in scongiuri e l’altra ben salda nella tasca.