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Pizzo, droga e social network: l’ascesa di Alessandro D’Ambrogio

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La minaccia mafiosa viaggia ormai sui social network. I pizzini sono un ricordo del passato: sempre più spesso i boss usano mezzi moderni per comunicare. E per mandare messaggi intimidatori.

E’ così che Alessandro D’Ambrogio detto ‘u nico, il piccolo, nuovo capomafia del mandamento palermitano di Porta Nuova arrestato oggi insieme ad altre 23 persone, per mafia, estorsioni e droga, fa sapere al nuovo flirt della sua ex che deve starle alla larga.

Lui, ultimo re del pizzo e del traffico di stupefacenti, non ha un suo profilo e per ”persuadere” il rivale utilizza l’account facebook di un fedelissimo: Giacomo Pampillonia, anche lui fermato. Sul profilo di quest’ultimo, tra l’altro, ci sono foto che lo ritraggono col bomber rosanero Fabrizio Miccoli. Alla vittima non resta che fare dietro front e lasciare perdere la ragazza.

”Sei stanca? – chiede il giovane alla donna che insiste nel vedersi – e cosa vuoi? ti ho detto a te prendi una pistola e gli spari… questa è l’unica soluzione”. ”Perchèse lui va a finire là dentro – spiega alludendo a un eventuale arresto di D’Ambrogio – lo stesso glielo vanno a dire, lo stesso … perchè per ora e’ lui”. ”Per ora è lui”, una frase emblematica dello spessore criminale assunto dal nuovo boss.

Scarcerato nel 2011 dopo avere scontato una condanna definitiva per mafia ed estorsione, D’Ambrogio torna libero da capo. Prima alla guida della ”famiglia” di Palermo-centro, poi ai vertici del mandamento piu’ ricco della citta’: Porta Nuova. Un video, pubblicato mesi fa dal quotidiano online Livesicilia, lo riprende mentre partecipa alla processione della Madonna del Carmelo, una festa tradizionale che si tiene a luglio nel quartiere Ballarò.

Attorno a D’Ambrogio decine di persone in atteggiamento riverente. Alcune donne gli passano i bambini perchè li avvicini alla statua della Madonna. E lui amministra il potere da vecchio capo: dirime le questioni, anche personali, degli affiliati, procura i soldi alle famiglie dei detenuti, gestisce le estorsioni, tenendo basso il profilo ed evitando vessazioni, ed è benvoluto.

A lui si rivolge per l’autorizzazione l’ambulante che vuole vendere lo sfincione, tipica pizza palermitana. ”Si vada a guadagnare il pane! Qual e’ il problema? Si vada a guadagnare il pane!”, gli risponde benevolo D’Ambrogio. Ed è sempre il boss ragazzino che mette da parte il pizzo e torna al traffico di droga, come dice il procuratore di Palermo Francesco Messineo.

I carabinieri lo descrivono come ”un capomafia lungimirante, che ha adattato lo strumento al territorio ed al contesto socio economico del momento, sopperendo alla mancanza di danaro con grandi introiti frutto del traffico di stupefacente, talvolta reinvestiti in attività più o meno lecite, ma soprattutto ha mantenuto un profilo basso in termini di esposizione, riducendo al minimo le imposizioni del ‘pizzo’ e acquisendo un largo consenso tra la popolazione”.

Per massimizzare i proventi dello stupefacente D’Ambrogio controlla capillarmente le piazze dello spaccio decidendo chi puo’ vendere e imponendo a tutti l’acquisto della sostanza al prezzo da lui stabilito. ”U nico” si allea poi con altri clan, come la famiglia di Corso dei Mille guidata da Vincenzo Ferro, Pietro Tagliavia, Francesco Scimone e Giovanni Alessi e con le cosche mazaresi per tentare di creare canali di importazione diretta della droga dai Paesi produttori come il Sudamerica evitando l’intermediazione dei narcos spagnoli.

”Lo scherzo è finito – dice il boss mazarese Salvatore Asaro, tra i fermati con D’Ambrogio, conversando di traffici di cocaina con un sudamericano – Le cose sono serie. Vuoi la Sicilia? Ti do la Sicilia perche’ sono in grado di dartela”.


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