Si chiama Salvatore Russo, ha 29 anni e fa lo zampognaro. Viene da Maletto, in provincia di Catania, il paese dal quale provengono la maggioranza dei ciaramellari che scendono in città durante le feste. Ieri siamo stati ‘rapiti’ dal suono del suo strumento che, tradizionale vuole, venga tramandato da padre in figlio. Salvo, ad esempio, ha ereditato dal nonno le canne della zampogna che “hanno trecento anni” ed un repertorio con le litanie e le arie celebri del Natale che affondano le loro radici in un passato che si perde nella notte dei tempi.
Purtroppo sono sempre meno i catanesi a richiedere la presenze degli zampognari nelle loro case, forse perché sono sempre meno coloro i quali (lo scrivente è tra questi) celebrano la novena che inizia il 16 dicembre. In questi giorni, da Maletto, di ciaramellari ne sono scesi circa una decina tutti alla ricerca di luoghi dove fare ascoltare le melodie del Natale, portando nella case o nei negozi una storia centenaria che adesso rischia di spegnersi.
“Siamo pochissimi anche noi, oramai – dice Salvo Russo – eppure una volta eravamo un esercito”. Negli anni Cinquanta si racconta fossero anche in cinquecento a girare per le case dei catanesi, poi il numero si è via via assottigliato complici le nuove tecnologie e un Natale dai tratti sempre più globalizzati per cui, per dirla in celentanese: l’albero è rock, il presepe è lento…
Il resto probabilmente lo ha fatto la crisi che si vive già da troppi anni, che costringe a depennare spese ritenute superflue e diletti.
Molti, per queste ragioni, non festeggeranno lo stesso Natale dello scorso anno, ma chi può inviti Salvo (o gli altri ciaramellari) nella propria casa o nel suo negozio: contribuirà a mantenere viva una tradizione italiana, siciliana.
Ho avuto la fortuna di conoscere la mia bisnonna. Era una donnina piccolissima figlia di quell’Ottocento siciliano ricco di tradizioni che erano il risultato di una società importante (probabilmente più solida dell’attuale) che viveva anche di scadenze comandate. In questo periodo, ad esempio, a casa sua era tutto un fermento per la preparazione del presepe, la convocazione di tutta la famiglia per la novena che veniva introdotta dalla visita del ciaramellaro. Lui arrivava, la mia bisnonna accendeva le candele intorno al presepe, e poi intonava con la zampogna ‘Tu scendi dalle Stelle’ che io, onestamente, facevo fatica a riconoscere.
Qualcuno ha scritto che la mia è la generazione di mezzo. I quarantenni, in Sicilia, hanno vissuto gli ultimi scampoli di un passato, nobile ed umile nello stesso tempo, che cominciava a scolorirsi. Siamo stati fra i primi a trovare i regali sotto l’albero, ma abbiamo celebrato ‘i morti’. Abbiamo creduto a Babbo Natale e cantato Jungle Bells, eppure ci siamo raccolti davanti al presepe per farci gli auguri. Gli sms, Facebook e Skype erano ancora roba da Spazio 1999.
Probabilmente spetta a noi rimarcare i tratti di quel passato sempre più annacquato dalla globalizzazione, anche se proprio questa generazione, per la ragioni di cui abbiamo parlato e per la necessità di garantirsi un presente, non è detto che possa assicurare nel futuro prossimo dei nipoti fortunati in grado di raccontare la novena che si recitava con la bisnonna…