“Credo che parte dei documenti presi a casa di Totò Riina siano finiti a Messina Denaro“. Questa la clamorosa rivelazione del pentito Nino Giuffré nel corso della sua deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il collaboratore di giustizia sta rispondendo alle domande dell’avvocato Basilio Milio, legale degli ufficiali dell’Arma, Mario Mori e Antonio Subranni.
“Provenzano mi disse che a casa di Riina c’erano documenti, tra cui lettere che i due si erano scritti”, ha aggiunto il boss pentito. L’ultimo covo di Riina non venne mai perquisito dai carabinieri del Ros di Mori e fu poi ripulito da una squadra di mafiosi. Secondo l’accusa, la mancata perquisizione avrebbe fatto parte dell’accordo che i militari del Ros avrebbero stretto con Provenzano. Il padrino di Corleone, per la ricostruzione della procura, consegno’ ai carabinieri Riina in nome della trattativa avviata con pezzi dello Stato ottenendo in cambio l’impunità.
Il processo è ripreso stamattina, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo davanti al Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto. Dopo le due udienze dedicate all’interrogatorio del pentito Antonino Giuffrè, oggi tocca al controesame del collaboratore, ex braccio destro del boss Provenzano.
In aula, a rappresentare l’accusa, ci sono il Procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, i pm Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia.